mercoledì 24 aprile 2013

Basta con l'elogio della carta

Sono accerchiato.

Sì, sono accerchiato da persone che non capiscono il valore che può avere l'editoria digitale nel far dilagare la cultura dell'innovazione, e insieme a lei i vecchi e nuovi contenuti da proporre in maniera nuova e più efficace.

Il mantra è sempre lo stesso: ma vuoi mettere un libro vero? Che è quella roba lì? Se poi ti si rompe il lettore? Almeno il libro resta. Il resto è fuffa su cui l'industria digitale esercita un dominio.

Si, il libro è l'oggetto più duraturo che il secolo scorso ci ha regalato, uno dei pochi che continua ad avere un senso fra le mani, mentre tutto si sgretola ossidato da obsolescenze programmate o mentali.

Ma non è vero che è eterno. Così come nulla è eterno. Tanto meno noi.

Da qualche mese ho lasciato l'approdo sicuro dei libri di carta. Li continuo a comprare e a leggere, ma solo quando ne vale veramente la pena. Una libreria oggi deve essere come uno scrigno: contenere solo i gioielli veri per metterli al sicuro da olocausti nucleari, o del pensiero, possibili.

Deve far compagnia nelle fredde serate d'inverno accanto al camino o all'ombra di un maestoso albero al riparo dalla calura estiva. Il libro diventa un oggetto di lusso. D'altronde lo dimostrano anche i prezzi che ha raggiunto.

Accanto può avere un flusso di conoscenza costante e a prezzi più bassi che anche le culture minoritarie e fuori dai circuiti mainstream dovrebbero coltivare.

La cura dei contenuti e il metodo con il quale vengono proposti oggi sono la sfida di qualsiasi organizzazione o comunità. 

Allora arrendetevi, perchè io non lo farò: arrendetevi agli e-book, e imparate a leggerli sugli e-reader. Non perderete alcun gusto e vi libererete da pesi inutili. E imparerete anche a riscoprire e amare il buon vecchio libro di carta fra le mani.


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